Estetica e filosofia delle arti

«Quaderni di Inschibboleth», n. 21

Call for papers

Segnaliamo la call for papers relativa al prossimo numero della rivista «Quaderni di Inschibboleth», a cura di Gianluca Gemmani e Marco Rienzi.

Scadenza: 10 febbraio 2024

La redazione della Rivista Quaderni di Inschibboleth seleziona contributi originali in forma di saggi e recensioni per il prossimo numerò dedicato al tema.

Lógos, Bíos e Zoé

Fin da sempre, la storia della filosofia è stata attraversata dal problema dell’articolazione del rapporto che intercorre tra λόγος e vita. Pochi altri termini della storia del pensiero mostrano, tuttavia, una polisemia tanto evidente, quanto fruttuosa per la riflessione filosofica. All’interno del termine λόγος si sono sedimentati, per citare i più importanti, due significati cardinali: da una parte, la dimensione afferente al registro del linguaggio, del discorso e della parola, dall’altra, quella relativa all’ambito della razionalità, del ragionamento e del pensiero. Un’analoga duplicità semantica compete anche alla vita. Come testimoniato dal mondo greco, che ad essa si riferisce con i termini di βίος e ζωή, essa può riferirsi tanto all’esistenza singolare, quanto a quella universale. Dinanzi a questo fenomeno, così complesso da decifrare, la figura del λόγος, come pensiero e linguaggio, è stata da sempre sollecitata ad una riformulazione delle sue mappe, giungendo ad imboccare le vie più eterogenee.
L’opera filosofica di Georg Wilhelm Friedrich Hegel potrebbe certamente essere considerata uno spartiacque per la storia di questo rapporto tra razionalità e vita. Anzi, una delle chiavi interpretative per comprendere la filosofia hegeliana, potrebbe essere quella di rileggerla come un tentativo di rinnovare un modo d’intendere il pensiero, che da elemento rigido si fa, esso stesso, vivente. Compiendo un passo oltre le astratte contrapposizioni della logica dell’intelletto, la dialettica viene a farsi «battito della vita», come si legge nelle Nachschriften di Good relative alle lezioni berlinesi sulla logica: «Das Dialectische ist der Puls des Lebens überhaupt». Sulla scia dell’esigenza del pensiero di rielaborare il proprio modello confrontandosi con la vita, la filosofia italiana del Novecento ha condotto alle estreme conseguenze l’idea hegeliana. In particolare, quella tradizione che dall’attualismo di Giovanni Gentile culmina nelle più recenti proposte teoretiche come quella di Emanuele Severino, ha tentato di cogliere nel pensiero e nella logica il cuore delle cose stesse.
Tuttavia, non mancano risposte diametralmente opposte rispetto a quella hegeliana già nel contesto della filosofia classica tedesca. È infatti dinanzi all’impossibilità di comprendere la vita, per esempio, che un autore come Friedrich Heinrich Jacobi mette in luce i limiti del concetto: nella sua inesauribile dinamicità, la vita non può essere ridotta al rigido mondo del λόγος, sicché l’unica via per accedervi viene ad essere quella della rivelazione. Non meno decisiva è l’intensa produzione concettuale di un altro protagonista dell’epoca: Johann Gottlieb Fichte. Entro la cornice dello sviluppo della Wissenschaftslehre, proprio Fichte viene a riconoscere alla dinamicità del vivere – come verbum activum (leben) – nientemeno che il ruolo dell’essere e dell’assoluto. E anche in Italia, alcune figure decisive della storia del pensiero del XIX secolo, come Giacomo Leopardi e Francesco De Sanctis, hanno sviluppato una vera e propria critica ante litteram rispetto alla possibilità del pensiero a cogliere la realtà della vita, anziché una delle sue tante rappresentazioni fantasmatiche.
Tra chi ha sottolineato l’impossibilità di smascherare la vita, c’è anche un celebre lettore di Leopardi: Arthur Schopenhauer. Nel suo Mondo come volontà e rappresentazione vita e pensiero sono, paradossalmente, allo stesso tempo massimamente agli antipodi e il medesimo. «Il mondo da un lato è in tutto e per tutto rappresentazione, così dall’altro esso è in tutto e per tutto volontà» (31). Schopenhauer come educatore ha fatto scuola tanto in ambito artistico, si pensi solo a Richard Wagner e Thomas Mann, quanto nella storia del pensiero. Friedrich Nietzsche, ad esempio, evidenzia come, non solo il mondo si dia solo per una prospettiva, ma, anche, come ogni punto di vista sia cieco a quell’impulso vitale che lo determina. Su questa scia si colloca anche la produzione di un autore come Georg Simmel, che nel cogliere la struttura del conflitto tra vita e forma, razionalizzazione della società e frammentazione del singolo, è specchio di un contesto artistico letterario, Stefan George e Rainer Maria Rilke tra tutti, che si interroga sull’autosufficienza e l’autonomia del linguaggio, sul rapporto tra le parole e le cose, su L’art nouveau – La vie nouvelle, per dirla con Piet Mondrian.
Già la filosofia di Søren Kierkegaard, tuttavia, aveva rilevato come, tra l’esistenza individuale e l’ordine logico a cui si conforma il mondo, si aprisse una frattura insanabile. Anche la teoresi di Martin Heidegger, su questa traiettoria, potrebbe essere letta per intero come il tentativo di vagliare rigorosamente gli esiti e gli sviluppi di quella differenza, che si articola come storia del rapporto tra Linguaggio ed Essere, e che trova la sua radice nel rapporto conflittuale tra Esser-ci ed Essere; dove alla più angosciosa consapevolezza del radicale scarto, si aggiunge la più intima e ineliminabile coppartenenza.
La questione della differenza, sollevata dalla filosofia heideggeriana, sarà fondamentale, poi, per alcuni autori della fenomenologia francese, che, soprattutto attraverso le opere di Emmanuel Lévinas e Jean-Paul Sarte, ha cercato di evidenziare le forme del conflitto che sussiste, tra la totalità e la parte, tra verità ed esistenza. Nessuna filosofia come quella di Jacques Derrida ha rilevato come il problema della differenza non sia qualcosa che si aggiunga al discorso filosofico, ma qualcosa che dall’origine determina le varie forme di scrittura del sapere attraverso la quali la vita è significata. Sempre in Francia, anche Gilles Deleuze verrà ad intrecciare una questione come quella dell’immanenza assoluta proprio alla tematica della vita concepita in quanto divenire impersonale, facendo da un lato riferimento alla nozione di «campo trascendentale» di Sartre e dall’altro proprio a Fichte (L’immanence… une vie, 1995).
In Italia la fenomenologia, sotto l’influenza di questa tradizione francese, ha visto fiorire un vasto spettro di riflessioni dedicate al tema. In particolare, alcune personalità della scuola di Milano, come Enzo Paci, Dino Formaggio e Carlo Sini, hanno portato avanti su questo punto il tentativo che fu prima di Antonio Banfi e Piero Martinetti: pensare le pratiche di vita attraverso la vita delle pratiche, cercare la verità della vita attraverso la vita della verità.
Il presente numero de «Quaderni di Inschibboleth» intende dunque riflettere sulla problematica che da sempre la vita ha rappresentato per il λόγος nel contesto del mondo occidentale. Determinando uno spettro cronologico che copra tanto l’Ottocento quanto il Novecento, l’obiettivo è quello di interrogare la relazione tra λόγος e vita assumendo posture eterogenee. Oltre ad una prospettiva d’indagine più strettamente teoretica, il presente numero intende accogliere anche contributi legati all’ambito artistico-letterario.

Il numero 21, a cura di Gianluca Gemmani e Marco Rienzi, la cui uscita è prevista per Maggio 2024, si divide in tre parti:
1) Una parte dedicata alla relazione tra vita e λόγος nel contesto della filosofia classica tedesca e del clima culturale coevo;
2) Una parte dedicata alla risemantizzazione della relazione tra vita e λόγος nel contesto delle varie articolazioni del pensiero filosofico del Novecento;
3) Una parte dedicata a saggi e recensioni non necessariamente legati al tema.

La proposta di saggi per la pubblicazione dev’essere inviata alla redazione della casa editrice in formato elettronico all’indirizzo redazione@inschibbolethedizioni.com. Gli autori devono certificare (nella mail che accompagna l’articolo) che il loro testo non è mai stato pubblicato, né simultaneamente sottoposto o già accettato per altre pubblicazioni. Tutti i saggi e le recensioni dovranno essere scritti in lingua italiana. Dovranno essere di massimo 45000 battute, spazi e note incluse, e dovranno rispettare le norme redazionali che si trovano a fine dalla presente pagina. Dovranno, inoltre, essere accompagnati da un abstract di massimo 1200 battute in italiano e in inglese (l’abstract non è richiesto per le recensioni). Dopo una prima lettura la segreteria di redazione invia la proposta di articolo per un esame critico a due lettori anonimi (peer review) per la valutazione dei contributi proposti per la pubblicazione. Gli esiti della valutazione (accettato, rifiutato, proposta di modifica) vengono comunicati in seguito all’autore. Le recensioni saranno valutate dalla redazione senza referaggio.

Gli articoli dovranno pervenire entro il 10 febbraio 2024. La risposta sarà comunicata entro il 10 marzo 2024.

(Dal sito dell’editore)